Un dibattito di grande attualità in India.
Sono passati più 70 anni da quando il Dr. Ambedkar, uno dei padri più influenti della Costituzione Indiana, entrata in vigore il 26 gennaio 1950, sognava un’India repubblicana dove la giustizia
sociale sarebbe stata uno dei cardini della nuova India: uguaglianza e stessi diritti per ogni cittadino al di là della casta, della fede, della razza, del sesso, della lingua.
L’India così variegata e multiforme in ogni suo aspetto iniziava il suo percorso calcando i tanti passi che il Mahatma Gandhi aveva fatto raggiungendo i villaggi più remoti del suo amato Paese per farne una nazione unita, dove tolleranza, fraternità, uguaglianza mettessero fine a secoli di profonde divisioni e discriminazioni.
Le poche settimane che ho potuto trascorrere a Ranchi, durante il mese di maggio, presso la missione delle nostre sorelle, mi hanno fatto toccare con mano quanto quel sogno sia ancora vivo
e nello stesso tempo tanto lontano dalla realtà. Ho avuto modo di ascoltare la gente, di sfogliare i quotidiani e le riviste degli ultimi mesi e mi sono rallegrata nel vedere che c’è ancora chi porta avanti questo sogno, c’è ancora chi lotta per un’India libera da pregiudizi, divisioni, ineguaglianze.
Mi limito ad uno dei temi ancora scottanti: il “child marriage”, il matrimonio tra minori; esso può riguardare bambini, di entrambi i sessi, con un contratto di matrimonio già stilato dai genitori,
matrimonio che diventerà poi effettivo più tardi, molto spesso prima della maggiore età; oppure ragazzine obbligate a celebrare il matrimonio, spesso con un partner più adulto, prima della loro
maggiore età. Il tutto deciso dalla famiglia.
Ma non è questo il punto. Matrimoni combinati dai genitori, rispettando però anche la volontà dei giovani e i tempi adatti, possono rivelarsi ottimi.
Il problema è la minore età. La Legge indiana proibisce il matrimonio di giovani che non abbiano ancora raggiunto l’età stabilita. Una legge ancora troppo disattesa.
Ci sono donne che si stanno battendo per questo, donne che hanno vissuto nel proprio corpo la violenza di una decisione che non ha rispettato né la loro volontà, né la loro adolescenza che si è
vista tarpare le ali. Spesso questi matrimoni avvengono nei villaggi, lontani dai riflettori, in un clima di tacita collaborazione e connivenza. In misura molto inferiore, i matrimoni precoci riguardano anche i maschi. Secondo un recente reportage dell’UNICEF, si stima che 640 milioni di donne attualmente viventi sul pianeta, abbiano contratto matrimonio in minore età. Un terzo di queste nella sola India. Il 2030 è il target che l’UNICEF si è posta per l’eliminazione definitiva dei matrimoni precoci. Utopia? Forse, ma è necessario crederci e attivare nuovi percorsi di coscientizzazione e formazione. Offrire opportunità di educazione farà sicuramente la differenza. Una battaglia che nella società indiana si sta portando avanti, e che rimbalza frequentemente sui social media, è la richiesta di “uguaglianza”, di parità per quanto riguarda l’età prevista dalla legge per contrarre matrimonio; mentre la maggiore età scatta per entrambi i sessi a 18 anni, l’età per contrarre matrimonio è invece diversificata. Questo è quanto ha deciso la legge del 2006 che rende invalido il matrimonio quando entrambi o uno dei contraenti è un minore, affermando nella stessa legge che, per contrarre validamente matrimonio, il maschio deve aver compiuto 21 anni e la donna 18.
La differenza è vista e sentita come un’ulteriore ingiustizia che permette al mondo maschile di perpetuare il dominio e la supremazia sulle donne da sempre vittime di ineguaglianze e soprusi.
La riflessione è aperta e sta raggiungendo le alte sfere del dibattito politico e sociale facendo intravvedere uno spiraglio aperto per una nuova e più giusta decisione.
Lo auspichiamo vivamente. Nonostante le difficoltà che questo cammino sta incontrando, insieme a Gandhi voglio dire: Rimango ottimista. Non che io possa fornire qualsiasi evidenza del fatto che il bene vincerà, ma per via della mia fiducia incrollabile nel fatto che il bene deve vincere, alla fine.
Sr. Franca